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L’altare maggiore presenta un raffinato dossale di marmi policromi, realizzato tra il 1764 e il 1770 dal veneziano Giuseppe Bonesi figlio di Giambattista. La mensa, un tempo addossata 2alla parete, ne venne distaccata nel 1868 dal mastro muratore Pasquale Pietroni. Risulta assente il fronte dell’altare: tra due piedritti, recenziori, è alloggiato un reliquiario di legno intagliato e dorato a foglia, in cui sono custodite le reliquie di San Teo dulo. Anche i tre gradini sottostanti sono posteriori, realizzati nel 1971, quando venne sostituito il pavimento del presbiterio. Il “San Filippo e la Vergine”, dipinto ad olio su tela (2,74 x 5,50 m) è opera di Francesco Mancini di Sant’Angelo in Vado (1705-1758) e venne eseguito intorno al 1738 in sostituzione della “Gloria di San Filippo” (1733) del bolognese Giuseppe Marchesi (1699- 1771), poi trasferita nella cappella Riccitelli presso il santuario di Santa Maria delle Vergini, in Macerata. Nell’immagine, che dimostra un accentuato carattere ascensionale, San Filippo con indosso una pineta aurea è posto su un nembo, tra gli angeli; tiene le braccia incrociate, con le mani sul petto, come desiderasse stringere a sé il bambino Gesù che, riposando sulle ginocchia di Maria, volge a Lei lo sguardo. Il suo capo è chino, ancora una volta in segno di umiltà. Sopra, nel dischiudersi dei cieli, compare la colomba dello Spirito Santo che infiammò il suo cuore, quando ricevette la vocazione. In sommità, sopra il cartiglio marmoreo con incisa la scritta «Dilectus Deo et hominibus» (Eccli 45, 1), campeggia l’altorilievo in stucco del “Padreterno creatore”, messo in opera dopo che gli Oratoriani ebbero fatto ritorno in San Filippo (1817), terminata la procella napoleonica. Le due statue che invece si trovano ai lati sono anteriori e personificano le due virtù in cui eccelse il Santo: l’una, con in braccio un infante, regge in mano un cuore, quel cuore che la carità di Dio dilatò fino a spezzargli due costole; l’altra invece, con accanto un agnello, tiene il giglio, fiore del candore, della purezza verginale. Alle opere in stucco lavorò Giuseppe Piani.

 

 

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