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Ai Filippini va altresì ascritto il merito di aver portato a Macerata la nuova forma musicale dell’oratorio, che in città giunse ancor prima del teatro in musica. Nel 1643 il maceratese Amico Panici, vescovo di Recanati, ricorrendo il Giovedì Santo, fece eseguire “Il pianto della Beata Vergine, di Maddalena e di Giovanni ai piè della croce” su testo del recanatese Francesco Masucci, nella chiesa di Santa Caterina in Macerata. Qui, quattro anni dopo, il tipografo Grisei pubblicava la “Rappresentazione dell’Angelo custode di S. Cecilia”, con testo scritto dal vicario generale dell’Arcidiocesi Fermana, Pompeo Tomassini. Il 21 gennaio 1657 i Padri della Congregazione di Macerata approvarono l’istituzione degli oratori in musica, per i quali chiamarono in San Filippo musici e maestri di cappella. Per tenervi l’oratorio d’estate i Filippini acquistarono nel 1681 il cosiddetto “torrone”, sito presso le mura di Porta Romana, oggi scomparsa, all’incirca sull’attuale piazza Garibaldi, sul cui prato allestirono delle gradinate a mo’ di anfiteatro, ove potevano ascoltarsi gli esercizi spirituali. Le esecuzioni erano di notevole livello, tanto che il vescovo di Macerata, mons. Fabrizio Paolucci (1685-1689) gradiva sermoneggiare negli oratori in musica la sera, nella chiesa di San Filippo. A metà del secolo vi fu maestro di cappella don Gregorio Bellabene, insigne accademico filarmonico di Bologna ed ottimo compositore. Anche a giudicare dagli organi che vennero commissionati dai Padri, si può riconoscere come l’attenzione per la qualità delle esecuzioni musicali fu in San Filippo sempre alta lungo tutta l’esperienza che gli Oratoriani condussero in Macerata, conclusasi definitivamente nel 1847. Intorno al 1729 infatti Giovanni Martino Cataleni da Foligno realizzò un organo per la Congregazione dell’Oratorio di Macerata e già nel 1705 ne aveva restaurato uno più antico. Nel 1792 Gaetano Callido collocò in chiesa l’opus 303, oggi conservato presso la Collegiata di San Lorenzo in Urbisaglia, dove venne trasferito nel 1811. Andrea Gennari costruì un nuovo strumento, poi trasferito nel Convento carmelitano di Santa Maria delle Vergini in Macerata nella seconda metà dell’Ottocento, come si dirà più avanti. Insomma un’esperienza feconda anche dal punto di vista musicale, oltre che spirituale, quella filippina di Macerata, che come nell’Urbe vide mirabilmente intrecciarsi parola e musica, a servizio di Dio.